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la pedagogia teatrale a sostegno dell'educazione

Il teatro a sostegno dell’educazione

6 approcci che tutti gli insegnanti dovrebbero prendere in prestito dal teatro

Arte ed educazione, pedagogia teatrale e apprendimento.

Nei contesti formativi esiste da tempo un problema di fondo ovvero la difficoltà di coniugare l’arte con l’educazione, la pedagogia teatrale con l’apprendimento. A volte viaggiano su binari paralleli, sì, ma pur sempre su binari destinati a non incontrarsi mai.

Ci capita spesso di condurre nelle scuole laboratori di scrittura, di teatro, di cinema; attività, quindi, che mettono al centro la persona con la sua creatività e la sua immaginazione, con il suo vissuto emotivo e questo sempre in relazione con gli altri.
Tutto bello. Bellissimo. Tutti felici: alunni e insegnanti. Ma poi?
Dopo, quando il laboratorio termina, cosa succede? Durante le ore di italiano, scienze, storia, matematica, cosa resta di quel tipo di approccio, di quella pedagogia? Di quel ragazzino che ama suonare la batteria, che ne è? E di quella bambina che scrive pagine di diario bellissime? Esattamente, in quale fessura torna a chiudersi quell’energia vitale che, sprigionata da quel percorso iniziatico, evidenzia capacità altrimenti segregate e/o inespresse?   

Il punto è che occorre una modalità di insegnare dove le componenti di cui sopra si incontrino, si incrocino, si scontrino per dare nuova vitalità al processo di apprendimento, oggi più ieri.

Perché i bambini, in un mondo sempre più tecnologico e multimediale e sempre meno sociale, hanno bisogno di avere (o recuperare) un contatto privilegiato con l’altro essere umano (non in termini di vicinanza fisica, ma di relazione) e con l’immaginazione pura, non mediata da prodotti pre-confezionati o da contenitori digitali.

Occorre, al contrario, utilizzare un linguaggio affine a quello teatrale che nelle sue molteplici funzionalità e scenari faciliti il processo di apprendimento, ma anche il processo di trasformazione del sé come via di auto-realizzazione e di valorizzazione dell’unicità di ciascuno.

Bisogna spalancare le porte dell’incanto, dell’avventura, dell’umorismo, delle storie (quelle belle!), dei suoni, e non solo durante l’ora di musica o di teatro.

Piccoli cambiamenti e piccole azioni quotidiane possono bastare…

E, si badi bene, non sto parlando di chissà quale grande rivoluzione che in molti (me compresa) auspicano, prima o poi, nel mondo della Scuola.

Parlo di un agire fatto di piccole azioni quotidiane all’interno della propria aula, durante la propria ora di lezione e durante lo svolgimento di quello che è il programma ministeriale, immaginando nuove strategie e chiedendosi continuamente non Cosa, ma Come. Come motivare? Come generare interesse e curiosità verso gli argomenti che propongo? Come incentivare un apprendimento attivo? Come mettere in gioco anche la parte emotiva? Come valorizzare le intelligenze inclinate dei miei studenti? Come favorire la collaborazione nel gruppo-classe?

In una sola parola, come ‘animare’ le mie lezioni? E attenzione, perché qui la parola animaresi riprende il suo nobilissimo significato originario ovvero quello di dare anima, dare vita! Perché imparare è naturalmente un piacere per il bambino: nulla lo rende più felice del soddisfare le sue curiosità e dell’acquisire nuove competenze.

Quindi, ribadisco: non discuto qui il cosa (che pure fa la sua “cattiva” parte), ma ilcome’.

E quindi… 6 approcci per integrare la pedagogia teatrale all’insegnamento

E’ in questo che viene in soccorso la pedagogia teatrale sotto i seguenti aspetti che proverò a sintetizzare:

  1. innanzitutto, nel suo ostinato porre l’accento e la dovuta attenzione al percorso e non al prodotto; alla sperimentazione e non al risultato performativo;
  2. nell’utilizzo della trama narrativa (intesa in senso ampio) tra un io (il maestro/l’insegnante) e un tu (l’allievo/l’alunno);
  3. nella continua richiesta di fare, di agire come metafora dello “stare nella vita” in modo dinamico, presente e attivo;
  4. nella sua capacità di mescolare raziocinio e immaginazione, pensiero e azione in una pluralità di visioni; 
  5. nel suo intendere un’equivalenza fra il conoscere’ e il  ‘sentire, l‘ indagare gli elementi tutti: corpo, spazio, oggetti, suoni, luci forme;
  6. nel suo interiorizzare i processi attraverso la sacra triade ‘corpo-azione-emozione’. Se questi tre elementi mancano, la mente è spenta semplicemente perché non può da sé né vedere, né sentire e né agire.

A “noi” le conclusioni…

In altre parole, se il mondo adulto si lamenta di una maggiore passività dei bambini, di una loro maggiore difficoltà ad esprimersi, a immaginare e a re-immaginare, di un deficit di pro-attività e auto-stima (cose che vanno a braccetto perché un bimbo che non crede in se stesso, non crede nemmeno nell’importanza del suo fare); dicevo: se di tutto queste ne prende atto, poi perché nei fatti ben poco fa per colmare queste lacune e rispondere adeguatamente a questi bisogni?

La domanda che pongo quindi innanzitutto a me stessa è: cosa possiamo fare? Da dove vogliamo cominciare?

Se siete interessati e interessate ad approfondire questo tema, scriveteci nei commenti. Raccontateci anche la vostra esperienza; condividete prassi virtuose; insomma, confrontiamoci! 

Alessandra Maltempo

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