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Trasforma l’ora di musica in un coinvolgente laboratorio sull’opera lirica

3 consigli per un percorso didattico multidisciplinare, stimolante e interattivo

Qualche tempo fa abbiamo dedicato una diretta Instagram all’ora di musica nelle scuole (puoi rivederla qui). Insieme alla musicista e musicoterapista Laura Sacco, abbiamo provato a individuare tutte le lacune dell’insegnamento della musica nella scuola (in particolare in quella dell’infanzia e nella primaria) e a dare dei suggerimenti di metodo che mettano al centro della didattica musicale non la “produzione”, ma l’ascolto attivo ed emotivo.

Troppo spesso, infatti, la lezione di musica si incentra su nozioni di letto-scrittura da un lato e su esecuzioni canore dall’altro, senza attraversare mai effettivamente l’anima di questo linguaggio che – come tutti i linguaggi – prima si impara ad ascoltare e a comprendere, poi a parlare e infine a “scrivere”.

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In questo articolo vogliamo condividere con voi idee e suggerimenti per progettare un laboratorio musicale sull’opera lirica.

Chi ci segue sa, infatti, che la nostra Accademia, in collaborazione con la Compagnia teatrale L’Albero, dal 2021 porta nelle scuole laboratori sul linguaggio musicale dell’opera lirica nell’ambito del progetto “Community Opera”, riconosciuto dal Ministero della Cultura nella sezione “promozione musica per la coesione e l’inclusione sociale”.

Ma perché proprio l’opera lirica?

1. Perché educa alla complessità

Il primo motivo è legato alla mission dell’Accademia: quello di educare alla complessità, ovvero allo sviluppo della capacità di pensare, analizzare, approfondire. Un argomento complesso deve sempre essere considerato un’opportunità educativa, poiché offre una ricchezza di contenuti, saperi, immagini, valori e punti di vista.

La complessità dell’opera lirica sta indubbiamente nella somma di tutti gli altri linguaggi artistici (canto, musica, poesia, teatro, danza, arti visive), caratteristica che gli permette di offrire una grande abbondanza di materiali.

2. Perché agisce sull’ascolto attivo ed emotivo

Parafrasando Mozart, si può dire che, grazie all’opera, è possibile comprendere non solo la musica nelle note, ma anche la musica che è tra le note.

L’opera agisce su un tipo di ascolto attivo ed emotivo, utilizzando il potente immaginario delle sue storie e dei suoi personaggi e sfruttando la forza del teatro e dell’azione. Grazie all’intreccio di corpo, parola e musica, il melodramma, infatti, si lega alle emozioni, alle relazioni visibili e ai significati profondi che si rivelano a chi lo vede e ascolta.

3. Perché attiva diversi tipi di intelligenze

L’opera, combinando più linguaggi, può essere esplorata mettendo in gioco anche altri tipi di intelligenze, oltre a quella musicale, come quella cinestetica (i cantanti in scena agiscono, si muovono, recitano e spesso ci sono coreografie), linguistica (libretto e testi delle arie), intrapersonale (le relazioni e i conflitti tra i personaggi), interpersonale (emozioni e sentimenti espressi dai personaggi), visivo-spaziale (scene e costumi).

4. Perché permette collegamenti interdisciplinari

L’opera lirica è un argomento interdisciplinare, poiché oltre a fare educazione alla musica in modo diverso, consente di trattare contemporaneamente altre discipline scolastiche.

I collegamenti interdisciplinari riguardano innanzitutto la storia (l’ambientazione temporale e eventi storici di sfondo), la geografia (luogo in cui si svolge l’azione), l’italiano (testi delle arie e dei recitativi), la matematica (ritmo, tempo, durata delle note). Ciò permetterà non solo di trattare due o più materie curriculari contemporaneamente, ma consentirà anche di attivare, per quei bambini che non sembrano interessati all’ora di musica, porte di ingresso differenti e più vicine ai loro interessi e alle loro attitudini.

5. Perché è transdisciplinare

Infine, c’è ancora un altro motivo che rende l’opera lirica particolarmente interessante come proposta didattico-educativa: essa è transdisciplinare, in quanto attraversa e oltrepassa tutte le materie scolastiche, sino ad arrivare a quella disciplina che tutte le racchiude: l’osservazione e la riflessione sull’essere umano.

All’interno dell’opera i temi più astratti e difficili si trasformano, così, in qualcosa di tangibile e concreto per un bambino (i personaggi, i conflitti, i sentimenti), mentre la musica sarà un prezioso alleato per aiutarli a comprendere ciò che è difficile esprimere esclusivamente con le parole.

I nostri consigli sul metodo

1. Stimolate l’ascolto attraverso il corpo

Il primo consiglio utile che vorremmo dare è quello di far ascoltare la musica attraverso il corpo, che non vuol dire far danzare i bambini o farli muovere a tempo di musica, ma farli reagire all’input musicale all’interno di una dimensione teatrale, scenica, in cui il corpo e i movimenti, quindi, si fanno espressione di un paesaggio emotivo.

A differenza della musica strumentale o della canzone, a cantare un brano operistico (aria, duetto o terzetto) prima ancora dell’esecutore è infatti un personaggio, con un nome, una storia, un contesto, che vive un conflitto con se stesso e/o con altri personaggi. Mentre canta non esprime quindi soltanto le proprie emozioni in un tempo irrealmente dilatato, ma agisce, parla, osserva, pensa, prende decisioni.

2. Fornite meno informazioni possibile

Il secondo consiglio è quello di spiegare inizialmente il meno possibile di un’opera e soprattutto di non fornire ai bambini troppe informazioni.

È inutile, oltre che noioso, appesantire con lunghe introduzioni legate ai riassunti delle trame (intricatissime!) o alle biografie dei compositori. Bisogna scegliere solo alcune tessere e su quelle innestare le attività, andando al cuore della musica e delle storie, scegliendo un momento della trama, un singolo brano musicale, una precisa relazione fra due o più personaggi, che possano avere un gancio emotivamente forte con i bambini e accendere la loro curiosità.

3. Lasciate che i bambini agiscano e sperimentino

L’attività proposta, infine, deve essere sempre pensata come un gioco in cui i bambini sperimentano, creano a loro volta, mettono in campo le loro competenze, fanno agire le loro intelligenze e utilizzano gli elementi dell’opera (la musica, le parole, i personaggi, le emozioni), facendoli propri.

Insomma, non devono restare in una situazione di ascolto passivo come semplici fruitori, ma diventare attori, nel senso che devono essere messi nelle condizioni di “agire”. Se a tutto questo riesce ad aggiungersi un approccio narrativo che faccia da cornice, che tenga insieme i diversi momenti di esplorazione di questo linguaggio, ancora meglio.

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Foto tratta dallo spettacolo “La Cenerentola” della Compagnia teatrale L’Albero, liberamente ispirato all’omonima opera lirica di Gioacchino Rossini (crediti Giovanni Marino).

Alessandra Maltempo

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