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L’equivoco del “divertirsi” mentre si impara

Chi è d’accordo col vecchio adagio del buon Rodari che dice: “Vale la pena che un bambino impari piangendo quello che può imparare ridendo?” alzi la mano!

Tutti d’accordo, vero?

Tuttavia, siamo proprio sicuri di non avere, in fondo in fondo, qualche pregiudizio sull’imparare divertendosi? E soprattutto, cosa significa concretamente far ridere i bambini durante il loro apprendimento?

Il significato del verbo “divertire”

Io penso che fondamentalmente ci sia innanzitutto una gran confusione sul significato del verbo ‘divertire’ lì quando è calato nell’ambito didattico e questo perché, a pensarci bene, la parola ‘divertimento’ non ha un’accezione proprio positiva.

‘Divertimento’ significa infatti ‘allontanamento’, ‘digressione’. Allontanamento da cosa? Dal pensiero, dalle fatiche quotidiane. Divertimento è un piacere, un passatempo che distoglie da attività più serie.
È  quindi nell’etimologia stessa della parola la sua natura di ossimoro rispetto a ciò che è serio e importante.

Bisogna quindi ri-pensare a questa parola in modo giusto e, magari (perché no) trovarne un’altra. 

La differenza tra divertimento estrinseco ed intrinseco

Mi spiego meglio: innanzitutto il ‘divertimento’ (il ‘ridere’ di cui parla Rodari) non deve essere estrinseco, ma intrinseco.

Non una ‘trovata’, un siparietto, un accadimento esterno e accessorio che di tanto in tanto (o addirittura sempre!) susciti ilarità. Certo, anche quello può e deve accadere (i miei allievi amano moltissimo il mio senso dell’umorismo che spesso uso per smorzare momenti di tensione), ma non può essere quello la leva. 

Il divertimento deve essere al contrario intrinseco a ciò che fanno e che stanno imparando. In questo senso, ‘divertimento’ è il piacere che si prova nel fare quella cosa perché ci fa stare bene, ci accende, ci stimola, ci incurisisce, ci affascina, ci fa sentire capaci!

Il divertimento si può manifestare, quindi, oltre che attraverso un clima sereno e giocoso, anche attraverso la concentrazione, i silenzi, un ascolto attivo e uno sguardo luminoso!

Un esempio di divertimento estrinseco

Spesso durante una lezione di teatro, soprattutto con gli allievi più grandi, ci si mette molto in gioco sul piano emotivo attraverso esercizi che allenano gli attori a richiamare la memoria affettiva, a elaborare ricordi o sogni (anche dolorosi), a immagianare scene di addio, a creare  atmosfere cupe e nostalgiche.
Questi momenti portano ovviamente a una forte commozione e spesso capita che qualche allievo non riesca a trattenere le lacrime. Eppure i loro occhi brillano di felicità! Se a fine esercizio chiedi loro: “Come è  andata? Come vi siete sentiti?”, loro rispondono: “Bene! E’ stato bello! Mi sono proprio divertito!”.

Il segno che questi esercizi lasciano è  dunque una traccia che non dura il tempo di una risata.
‘Divertenti’ sono definiti dai bambini anche gli esercizi che richiedono una grande concentrazione e impegno.

Imparare divertendosi

Ecco perché il divertimento se da un lato contiene in sé la dimensione puramente ludica – perché naturalmente più vicina al modo di imparare del bambino – dall’altro per me ha a che fare con una energia positiva che si attiva dentro i bambini e che poi fluisce (e agisce) nell’attività stessa!

Un bambino che si diverte mentre impara è un bambino il cui cuore e la cui mente sono accesi, pulsano.

Il divertimento (ovvero la forma che l’adulto intende dare ai contenuti che vuole tasmettere) è quello che dona un senso di vitalità, di pienezza, insieme alla consapevolezza che oltre a ricevere, chi apprende può anche dare.

Se invece si intende il divertimento come la risata fine a se stessa, la battutina continua, il giochino ristoratore tra una sessione di lavoro e l’altra, allora è normale che si guardi al ‘divertimento’ durante l’apprendimento come a uno spauracchio, a una mina vagante, poiché in realtà QUEL divertimento non canalizza le energie e l’attenzione, ma le distoglie! Tra l’altro in questo modo, l’insegnante implicitamente ammette: “Siccome so che ciò che stiamo imparando è noioso e faticoso, di tanto in tanto è necessario che io vi distragga, vi alleggerisca, vi ristori da questa fatica”.

Non è facile, certo. Ma bisogna esserne convinti e provarci. Il sorriso (non solo quello sulle labbra, ma anche e soprattutto quello interiore che allarga il cuore) non può far che bene ai nostri bambini e anche a noi insegnanti.

Divertirsi non è una brutta cosa, nemmeno a scuola.

E voi come educate o impostate l’attività didattica per fare in modo che i bambini si divertano? Avete dei consigli e dei suggerimenti da condividere con noi e gli altri genitori / insegnanti che seguono il nostro Magazine? Fateci sapere commentando questo articolo o inviandoci un messaggio all’indirizzo email redazione@accademiadeglistracuriosi.it

Foto di Gustavo Fring da Pexels

Alessandra Maltempo

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