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I diritti dei giocatori (bambini e non)

Prima di chiederci quali sono i metodi o le tecniche che un educatore dovrebbe conoscere per inventare giochi educativi, proviamo a riflettere su quali sono i diritti del giocatore che giocherà al nostro gioco. Solo così potremo davvero riuscire a inventare un gioco che sia divertente ed educativo allo stesso tempo. 

Ispirata dai diritti del lettore di Daniel Pennac, ho deciso di provare a scrivere una lista dei 5 diritti del giocatore di cui ogni educatore (genitore o insegnante) dovrebbe tener conto, soprattutto quando vuole utilizzare tecniche di gamification e game based learning per aiutare i bambini a imparare, divertendosi.

I 5 diritti da tener presente per inventare giochi educativi

1. Il diritto di divertirsi

Per me è il primo diritto in assolutoSembra scontato ma vi assicuro che non lo è.
Troppe volte
 vedo bambini costretti in attività che vorrebbero essere ludiche ma che risultano per loro solo mortalmente noiose, parlo per esempio di molti giochi a quiz (ma sui giochi a quiz magari scriverò un articolo a parte).

Questo significa che, quando vogliamo inventare dei giochi o delle attività ludico-educative, non possiamo pretendere che, solo perché abbiamo introdotto un quiz o un sistema di punti e medaglie, abbiamo ideato, senza ombra di dubbio, un’attività divertente.

E allora come si fa a creare un gioco o un’attività ludico-educativa davvero divertente? Non è facile, non esiste una formula infallibile, ci sono designer di giochi che studiano tutta una vita per trovarla ma questa per noi non può essere una scusa per non provarci nemmeno.
Quello che possiamo (e dobbiamo!) fare per raggiungere l’ambita ‘meta del divertimento‘ è innanzitutto osservare i nostri giocatori e chiederci: “Cosa li diverte? Cosa li motiva?“. Ecco perché, durante i miei corsi di formazione sulla gamification per educatori, mi soffermo a lungo su quella che è “l’analisi dei giocatori“. Iniziate quindi con il porvi queste domande e a osservare i vostri piccoli stracuriosi per trovare le risposte. Vi assicuro che vi si aprirà un mondo nuovo, ricco di nuovi stimoli e nuove idee…

2. Il diritto di vincere e di perdere (almeno una volta)

Il diritto di vincere non implica per forza assenza di competizione. Offrire a ogni bambino il “diritto di vincere” significa consentire a ogni giocatore di provare così tanti giochi differenti da permettergli di scoprire, sperimentare e godere delle sue abilità e dei suoi talenti.
Ma l
o stesso discorso vale per il contrario…
Tutti i giocatori hanno il “diritto di perdere”, che significa avere il diritto di provare la sensazione di ‘sconfitta‘ e di imparare ad affrontarla correttamente.

In termini pratici questo significa che quando si vogliono utilizzare giochi e attività ludico-educative è sempre opportuno:

  • aumentare nel tempo la difficoltà di uno stesso gioco provando a introdurre piano piano elementi e regole che lo rendono più difficile;
  • ma anche variare il tipo di gioco proposto, in modo da stimolare e sviluppare capacità sempre diverse.

Tutto questo consentirà a tutti i piccoli stracuriosi di riconoscere che in alcune attività sono particolarmente bravi (e devono andarne fieri) mentre in altre lo sono un po’ meno e per questo motivo devono imparare a far fronte alle difficoltà: allenandosi, esercitandosi, impegnandosi a migliorare ma anche imparando a fare squadra con chi ha abilità e talenti differenti.

3. Il diritto di proporre nuove regole

Per me è uno dei diritti più belli: stimolante e creativo, questo diritto consente a tutti i giocatori di modificare le regole del gioco e diventare dei veri e propri “game-hacker”.

D’ora in avanti provate a fare questo semplice esercizio di co-creazione con i vostri piccoli stracuriosi: dopo aver giocato a un determinato gioco (qui mi riferisco soprattutto a quei giochi che hanno una struttura e un insieme di regole ben definiti, per esempio i giochi da tavolo o nascondino) chiedetegli di modificare una regola.
Come cambia il gioco? E di quanto? È diventato più divertente? Più inclusivo? Si, no… raccontateci le vostre esperienze 😉

Coinvolgere i bambini nella trasformazione di un gioco esistente e quindi, in pratica, nell’ideazione di un nuovo gioco, aiuterà voi adulti nel trovare nuove idee per i vostri giochi educativi ma consentirà anche ai piccoli stracuriosi di sviluppare le loro abilità creative e logiche (il lavoro sulle regole è un lavoro di astrazione e, quindi, anche di logica).

4. Il diritto di giocare a qualsiasi gioco.

Parafrasando direttamente il diritto n. 5 di Pennac, così come i lettori hanno il diritto di leggere qualsiasi cosa i giocatori hanno il diritto di giocare a qualsiasi gioco: sì, anche i videogame, anche quelli più stupidi. Con questa affermazione non voglio esaltare i videogame quanto piuttosto introdurre un concetto che molti di noi già conoscono ma che, a volte, dimentichiamo, ovvero che l’educazione non sta mai nel proibire le cose sbagliate ma nel condurre verso le scelte migliori per se stessi. 

Prima di proibire un determinato gioco o di denigrarlo senza che il bambino riesca davvero a capire le vostre ragioni, provate a capire cosa piace al vostro piccolo stracurioso di quel gioco e a condurlo verso un gioco simile.
Per esempio, riuscite a trasformare un videogame in un gioco di ruolo da fare insieme? Provate, quindi, non solo a proporre giochi alternativi ma giochi alternativi che richiamano quel gioco che voi non condividete ma che a loro piace tanto.
Ecco, quindi, che “l’ideazione dei giochi” torna in vostro aiuto: con questo stratagemma risulta più facile spostare l’attenzione del bambino su un gioco differente, soprattutto se lasciate che anche il piccolo stracurioso prenda parte al processo di rivisitazione del gioco.

5. Il diritto di trasformare qualsiasi attività in gioco.

Più che essere un “diritto dei giocatori” questo è un diritto di tutti, ovvero il diritto “alla ricerca del piacere”Giocare è piacevole, non c’è dubbio. E allora perché non imparare a trasformare le attività più noiose in giochi?

Io da bambina lo facevo sempre e i miei genitori e i miei insegnanti non mi hanno mai frenata in questo: Dovevo fare i compiti? Facevo finta di essere una maestra che spiega gli esercizi a un bambino. Dovevo mettere a posto i vestiti? Facevo finta di essere un commerciante di un negozio di abbigliamento che, dopo aver mostrato la merce alla cliente , la rimetteva al posto giusto (a volte mi lamentavo anche di quante cose mi avesse fatto tirar fuori quella cliente esigente e a tratti maleducata, senza poi acquistare nulla!).

Poco importava se così facendo ci mettevo il doppio del tempo, perché a quel punto non stavo più “svolgendo il compito che mi era stato assegnato dagli adulti” ma stavo semplicemente e felicemente giocando.

Credo che, mostrare ai bambini che qualunque attività può trasformarsi in gioco, significa regalare loro uno strumento utile e una “filosofia di vita” che davvero potranno portare sempre con sé, ovvero che possiamo trovare un lato piacevole in ogni attività, anche in quella più noiosa. Con grande probabilità col passare del tempo questo strumento abbandonerà la forma del “gioco di ruolo” per assumere altre forme, ma l’insegnamento di “provare ricercare sempre un lato piacevole in ogni attività” resterà sempre.

Sono curiosa di conoscere le vostre opinioni e di scoprire quali sono secondo voi i diritti del giocatore e se avete provato ad adottare qualcuna di queste tecniche. Commentate l’articolo oppure scrivetemi a redazione@accademiadeglistracuriosi.it.

Foto di Gustavo Fring da Pexels

Cristina Palermo

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