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Perché è importante osservare

O di Osservazione. Come e perché praticarla a scuola

Quel che vedi dipende dalla prospettiva in cui ti trovi. Per riuscire a vedere la tua prospettiva, devi cambiare prospettiva. (Marianella Sclavi)

Cosa intendiamo per osservazione? Chi deve osservare e cosa? E soprattutto: perché?

Non dobbiamo dare l’osservazione per scontata, in quanto il verbo “osservare”, a differenza del verbo “vedere”, implica un’intenzione. “Osservare”, inoltre, a differenza del verbo “guardare” (con cui condivide l’elemento dell’intenzionalità), è un atto intenzionale con cui si cerca di conservare, cioè di registrare quanto visto per poterci poi tornare a riflettere con uno specifico obiettivo.

In questo articolo proveremo a capire quale potrebbe essere l’obiettivo raggiungibile attraverso l’osservazione dei nostri bambini in classe e come osservare in modo efficace. Più precisamente, proveremo a portare nel contesto scolastico un metodo che a teatro funziona molto bene.

Guardando alla pratica teatrale, infatti, innanzitutto osserviamo che nella stragrande maggioranza degli esercizi (individuali o di gruppo) il maestro si limita sempre e solo a osservare. Tranne rare eccezioni, non interferisce mai nell’attività, in quanto considerata sempre un flusso energetico che non può essere interrotto con suggerimenti, correzioni, domande o commenti. Intervenire e osservare, non sono due verbi-azione che possono, quindi, stare insieme.

Perché osservare?

Innanzitutto, chiariamo che l’importanza di saper osservare un’attività durante il suo svolgimento vale sia per gli insegnanti che per gli alunni. L’intenzione dell’osservazione, infatti, deve essere per entrambi quella di comprendere cosa accade e perché, così da sviluppare la capacità di analisi, il senso critico e il problem solving.

Tutto questo aiuterà a mettere maggiormente a fuoco gli obiettivi che si vogliono raggiungere, migliorando (o addirittura cambiando) approcci e comportamenti e, conseguentemente, anche regole e convinzioni pregresse. Mettere in campo azioni di osservazione “integrata” (insegnanti e alunni) è il primo passo per superare uno dei maggiori ostacoli all’osservazione: la soggettività.

Come osservare?

A teatro l’allievo-attore svolge il proprio allenamento psico-fisico sempre su un doppio piano: “interno” ed “esterno”. Cosa vuol dire? Che il 99% di sé è dentro l’esercizio e il restante 1% è fuori dall’esercizio. Questo 1% è il cosiddetto “terzo occhio” che vede e sente da fuori ciò che accade per poi, a fine esercizio, provare ad analizzarlo rispondendo alle domande del trainer.

Quest’ultimo, che invece è sempre fuori dall’esercizio, non si trova però per questo in una posizione privilegiata, in quanto anch’egli dovrà provare a osservare distanziandosi il più possibile da un punto di vista soggettivo. L’osservatore, infatti, (insegnante o alunno), che ne sia consapevole o no, è uno specchio deformato e deformante, in quanto il suo sguardo è “colorato” dalle sue convinzioni e valori. Ciò porta a due pericoli che possono rendere l’osservazione sterile e che quindi bisogna saper evitare:

  • Dare per scontato quanto si vede. E’ difficile vedere in modo nuovo ciò che accade sotto gli occhi tutti i giorni. Se un insegnante propone una certa attività, sarà sicuramente influenzato nell’osservazione da quanto normalmente fino a quel momento ha visto accadere e potrebbe quindi non cogliere (o comunque restare spiazzato) da reazioni e/o risultati non previsti in quanto non attesi:
  • Ognuno interpreta ciò che vede alla luce di ciò che già conosce, sa e pensa. La comprensione di una situazione (e quindi l’individuazione di cause ed effetti) è inevitabilmente filtrata dalle lenti con cui ognuno di noi vede ciò osserva. Queste lenti sono le nostre opinioni, le nostre idee, i nostri pregiudizi.

Da parte dell’insegnante è pertanto fondamentale prendere le distanze dall’eccessiva familiarità con un dato scenario, praticando un distanziamento che tenga a bada le proprie convinzioni (ma anche le proprie aspettative). Ovviamente, non si tratta di qualcosa di semplice. Ma per fortuna ecco che può venire in nostro aiuta l’immaginazione.

Un gioco di immaginazione come esempio di osservazione corretta

Un gioco molto utile per osservare con occhi nuovi è quello del “fare come se…”C’è un libro di Bianca Pitzorno, “Extraterrestre alla pari”, che può esserci di ispirazione.

In un futuro non precisato, fra il pianeta Terra e il pianeta Deneb esiste un “programma di scambio” di bambini che ha una durata di 10 anni. Mo, il protagonista di questa storia, è l’extraterrestre denebiano (che ha un’età terrestre di circa 9 anni) che viene accolto da una coppia terrestre senza figli. Quest’ultima, nell’accoglierlo, scopre che i denebiani non hanno un sesso distinguibile fino ai vent’anni di età e che per questo motivo, sul loro pianeta, durante la crescita ricevono un’educazione uguale e paritaria. Per il signore e la signora Olivieri, però, qualsiasi scelta educativa diventa impossibile se non all’interno della categoria “maschio” e “femmina” e per questo decidono di sottoporre Mo a delle analisi per conoscere in anticipo il suo sesso.

Ovviamente, non vi racconto come va a finire questa storia. Ma al di là del tema del libro (la disparità di genere) vorrei suggerirvi come allenare la capacità di osservare immaginando di essere degli alieni. Osservando infatti una classe con gli occhi dell’alieno diventerà legittimo interrogarsi su regole e pratiche che diamo per scontate. Ad esempio, un alieno – osservando una classe terrestre – potrebbe chiedersi:

  • Chi ha deciso chi deve parlare in classe?
  • Quanto di ciò che si fa in classe risponde ai reali bisogni di apprendimento dei bambini e quanto a esigenze istituzionali di programma?
  • Sulla base di cosa un insegnante decide se il livello di rumore in classe è accettabile o no?
  • Chi ha deciso le regole dello stare in classe?
  • Chi e perché ha deciso che un’attività debba essere svolta anche quando risulta noiosa?

Il gioco dell’alieno può portarci verso un cambio di paradigma. Esplorare le proprie convinzioni e atteggiamenti per capire in che misura essi guidano le pratiche, porta a una maggiore consapevolezza professionale.

Facciamo un esempio sulla prima domanda: è davvero indispensabile che debba essere l’insegnante il solo a regolamentare i turni di parola? Inoltre, è davvero un metodo che garantisce “ordine” ed educa al rispetto dell’altro? Ricordo che qualche anno fa, in un progetto che abbiamo tenuto in una scuola elementare, abbiamo stabilito regole e modalità per cui erano erano gli stessi bambini ad auto-regolarsi su chi dovesse prendere la parola e quando. L’intervento dell’insegnante a un certo punto non fu più necessario per regolamentare l’ascolto degli interventi di ciascun alunno.

L’osservazione come occasione di cambiamento

La resistenza a questi capovolgimenti sta ovviamente nei valori e nelle convinzioni personali (e che, consapevolmente e inconsapevolmente) si traducono in comportamenti e azioni che col tempo non siamo più in grado di vedere, riconoscere e, quindi, osservare.

Un altro esempio: se un insegnante crede che al centro di tutto c’è il programma, è probabile che si muova in un’ottica in cui domina la visione istituzionale, anche se questa non sempre coincide con gli interessi dei suoi alunni. In questo caso a prevalere nelle decisioni in classe ci sarà la preoccupazione di svolgere tutto il programma. Se si sostituisse al programma l’alunno e il suo apprendimento, come avverrebbero le stesse decisioni? Come sarebbe presentati gli argomenti? Come cambierebbe la gestione del tempo e delle attività?

Ricorda che… l’osservazione passa prima dalla descrizione!

Se l’osservazione deve essere il più possibile oggettiva, è fondamentale che anche sul piano del linguaggio verbale si evitino parole ed espressioni che portino con sé le convinzioni, i giudizi e i pregiudizi di chi osserva.
Sia l’insegnante che l’alunno, prima di passare all’analisi dell’attività osservata, devono quindi imparare a descrivere in modo neutro.

Es.: “Andrea non è stato chiaro nei movimenti! Per questo non sono riuscito a fare l’esercizio!”

Questa frase contiene molti elementi soggettivi di giudizio. Lo stesso concetto può essere espresso attraverso una descrizione oggettiva delle azioni e delle sue conseguenze:

Es.: “Durante l’esercizio i movimenti di Andrea erano troppo veloci e questo rendeva più difficile per me imitarli con precisione”.

Stesso vale per l’insegnante:

Es.: “Durante l’esercizio, Elisa era (come al solito) distratta” diventa “Durante l’esercizio mi è sembrato che lo sguardo di Elisa fosse assente”.

In questo modo è più facile stimolare correttamente l’auto e l’etero-correzione senza il peso del giudizio su di sé e sugli altri.

Negli esercizi e nelle improvvisazioni teatrali l’allievo-attore è infatti continuamente incentivato all’auto-correzione e all’etero-correzione. Nella scuola, invece, esiste un forte tabù su questo aspetto.

Concludendo

Possiamo concludere dicendo che l’osservazione (oltre a quelli già sopra elencati) porta numerosi vantaggi:

  • aumenta il tempo-scuola agito dagli alunni;
  • stimola un contesto di apprendimento in cui la pluralità di visione è un valore.
  • incentiva la pratica dell’auto-correzione e dell’etero-correzione.

Cosa ne pensi? Se ti va di condividere il tuo pensiero e la tua esperienza sull’argomento scrivi pure nei commenti. Saremo felici di confrontarci!


Questo articolo fa parte della rubrica: “Il metodo Stracuriosi dalla A alla Z”. Settimana dopo settimana, lettera dopo lettera, condivideremo con voi quali sono i principi, i valori, le parole chiave alla base del nostro metodo. Scopri tutte le altre lettere.

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Alessandra Maltempo

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