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l'insegnante è un regista che guida i bambini sul palcoscenico

P di Palcoscenico. Una metafora per ribaltare il punto di vista sulla didattica

E se l’aula scolastica fosse un teatro?

Pensiamo a un’aula scolastica. Pensiamo a come è fatta. A come è progettato lo spazio. A come sono disposti banchi e cattedra.
Come nella vostra aula, così in ogni altra parte del mondo…

Fatto?

Bene, ora chiedetevi: se l’aula fosse un teatro, con il suo bel palcoscenico e la sua platea, chi sono gli attori e chi gli spettatori?
E che spettacolo si sta rappresentando sulla scena?


Non so a voi, ma a io risponderei così: essendo abbastanza evidente che la cattedra è fatta in modo da sembrare un palcoscenico e i banchi sono disposti proprio come se fossero una platea, direi che l’attore (che parla, fa, mostra) è l’insegnante, e il pubblico (che guarda e ascolta) sono gli alunni. E che ciò che si rappresenta (o che vorremmo vedere rappresentato o che ci illudiamo di poter rappresentare) è un’opera compiuta, un risultato finale.

Proviamo, ora – rimanendo nella metafora – a cambiare qualcosa, a invertire le parti; e prima ancora proviamo a prendere atto che innanzitutto non c’è nessuno spettacolo (ancora) da rappresentare. La scuola non è il luogo in cui si mette in scena uno spettacolo, ma quello in cui ci si prepara (da bravi attori) a mettere in scena lo spettacolo più grandioso di tutti che è la vita!
L’aula, quindi, come spazio protetto in cui provare, esercitarsi, sperimentare, apprendere, scoprire tutti quegli strumenti, quelle risorse, quelle competenze, quelle conoscenze, che ci consentiranno di calcare il palcoscenico del mondo!

Se i bambini sono attori, allora l’insegnante è il regista!

Attore, in questo processo, non può quindi essere l’insegnante, ma gli alunni stessi.

L’insegnante, invece, dovrà vestire i panni di una terza figura (invisibile al pubblico quando si va a teatro) che è quella del regista. Una figura in realtà recentissima nella storia del teatro, che cura la messa in scena sotto tutti gli aspetti: innanzitutto quello dell’interpretazione del testo e, conseguentemente, la recitazione degli attori; ma anche le scene, i costumi, le luci, la musica, ecc.
Un regista, quindi, non si limita a scegliere un testo teatrale e a dire ai suoi attori “Ora vi faccio sentire come dovete dire le battute e vi faccio vedere cosa dovete fare mentre le dite”; perché in questo modo gli attori si limiterebbero a ripetere meccanicamente – come burattini senz’anima – ciò che il regista dice e fa.

Il regista è invece una guida che non mostra agli attori il risultato del lavoro, ma la strada da fare per raggiungere il risultato del lavoro; e questa strada altro non è che un lavoro di esplorazione del testo (e, con esso, del corpo, della voce, dello spazio).
Pur avendo una sua idea di partenza molto chiara, il regista fa cioè in modo che gli attori facciano la loro parte, diano il proprio contributo, mettendo a disposizione del testo – e del personaggio che dovranno interpretare – la propria esperienza, la propria sensibilità, la propria immaginazione. Insomma, regista e attori – insieme! – portano avanti un vero e proprio lavoro di co-creazione scenica di un testo che senza il corpo e l’anima degli attori è solo carta.


Nella scuola, invece, ancora accade che molto spesso alcuni insegnanti “mettano in scena un testo” (cioè propongano discipline, concetti, saperi) indipendentemente dagli alunni che hanno di fronte, e questo perché pensano che i bambini hanno tutto e solo da imparare (i famosi ‘vasi da riempire’!) e che quindi (come spettatori silenziosi e impossibilitati ad agire e interagire) debbano limitarsi ad ascoltare e, poi, a ripetere quanto ascoltato. Inoltre, rispetto ai contenuti didattici, si è erroneamente convinti che non ci sia nulla da rielaborare personalmente perché la geografia è quella, la matematica è quella, una regola grammatica è quella. Io te la spiego e tu la impari. Punto.

In che modo apprendere può essere un atto creativo

Per superare questo impasse, torniamo alla nostra metafora del teatro.

Un regista e la sua compagnia di attori devono mettere in scena “Romeo e Giulietta” di William Shakespeare. Un’opera che va in scena da centinaia di anni, sempre con lo stesso testo.
L’attore pronuncerà quindi quelle battute dette su un placo già migliaia di volte da altri migliaia di attori, eppure…

Eppure nel farlo compie un atto creativo poiché con il suo corpo, la sua voce, le sue emozioni, la sua esperienza, il suo personale talento e modo di essere, darà vita a un personaggio unico: il suo Romeo, la sua Giulietta! Nulla, ovviamente, cambierà nella storia e nelle battute; Romeo e Giulietta faranno e diranno sempre quelle cose scritte da Shakespeare più di 400 anni fa, ma ciò nonostante i due giovani innamorati non potranno mai essere esattamente uguali ai Romeo e Giulietta che li hanno preceduti, perché frutto di un percorso di esplorazione e di immaginazione personale (del singolo attore) e collettivo (regista e altri attori in scena).

Se ci riflettiamo un momento, nella didattica può (e deve) accadere la stessa cosa. Un bambino può metterci sempre qualcosa di suo senza operare cambiamenti (erronei) nel concetto o nella competenza appresi. Arriverà comunque ad imparare che 2+2 fa 4 e che il fiume più lungo d’Italia è il Po e che Cristoforo Colombo ha scoperto l’America mentre voleva raggiungere le Indie, ma lo farà all’interno di un percorso in cui saranno stimolati dall’insegnante (il regista!) curiosità, abilità, inclinazioni, interessi, nonché altri temi.

In conlcusione…

Quindi: il regista-insegnante non chiede ai suoi attori/alunni che imparino a memoria la parte (il sapere), ma che la comprendano. E la comprensione non può non passare da un processo interiore e personale, per quanto sapientemente guidato.
Come gli attori devono essere parte attiva nella creazione dello spettacolo, così i bambini lo devono essere nel loro apprendimento. Sarà poi l’insegnante (proprio come il regista) a dare una forma organica al sapere, a incanalare idee, intuizioni, inclinazioni, verso l’obiettivo finale.

La metafora dell’aula come palcoscenico dà il là a un altro parallelismo molto forte. La parola ‘attore’ deriva infatti da ‘agire’. Il ruolo dell’insegnante è quindi quello di mettere i propri alunni nelle condizioni di poterlo fare.  E perché possa metterli in tali condizioni deve avere fiducia nelle loro azioni! 
Azione (A come Azione: una parola-chiave in ambito didattico) e Fiducia (F di Fiducia. Cosa significa avere davvero fiducia nei nostri bambini) sono infatti le altre due parole del nostro metodo stracurioso, parole paradossalmente ancora poco agite e in cui non si ha abbastanza fiducia.

Alessandra Maltempo

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