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Q di Qualità. I criteri di scelta per una proposta didattica valida

Lo so: parlare di Qualità può sembrare banale e scontato.

Per questo abbiamo pensato a lungo prima di farla diventare una parola del nostro Alfabeto Stracurioso e alla fine siamo arrivati alla conclusione che no, la Qualità non è affatto un concetto scontato, altrimenti non vedremmo in giro tanta roba di scarsa qualità e questo in tutti gli ambiti, compreso quello educativo.

Insomma, non so voi, ma io vedo poca, pochissima qualità in giro. E vedo anche che è il concetto di quantità a farla da padrone.

Pensiamo alla scuola, all’educazione, ai nostri bambini.
Siamo troppo preoccupati dal riempire le loro giornate, il loro programmi di studio, i loro spazi di gioco.

Quantità.
Quantità.
Quantità.

Quantità che crediamo possa sopperire alla mancanza di Qualità; che (ammettiamolo) a volte placa la coscienza e ci permette di allestire la nostra bella vetrina (“Guardate tutti QUANTE cose fanno questi bambini!”).

Quindi, quando scegliamo QUALITA’ come parola del nostro metodo non diciamo in realtà nulla di scontato.

Quantità VS Qualità in ambito scolastico

Ciò che sta accadendo nella Scuola è innanzitutto questo ampliamento dell’offerta formativa a cui non sempre corrisponde un miglioramento della stessa. Alunni e insegnanti (e questo è un feedback che ricevo da anni) testimoniano come questa corsa sfrenata a collezionare progetti su progetti si traduce solo un sovraccarico di lavoro, perché le attività davvero interessanti e che lasciano il segno sono l’eccezione alla regola.

Ma sulla base di quali criteri valutare la qualità di una proposta didattica o di un progetto formativo?

E’ importante rispondere a questa domanda per non ritrovarsi poi a dire che, infondo, “L’importante è fare”.

No. “L’importante è fare bene!”

Criteri di una proposta educativa di qualità

1. Deve saper coinvolgere gli alunni.

La proposta deve innanzitutto possedere quegli strumenti in grado di coinvolgere, entusiasmare, motivare, incuriosire, appassionare gli alunni. Non c’è apprendimento di un sapere o acquisizione di una competenza lì dove mettiamo in gioco solo la parte cognitiva. Azione, emozioni, valorizzazione delle inclinazioni dei singoli e momenti di lavoro in gruppo fanno la differenza.

2. Deve contenere elementi di innovazione e sperimentazione

L’attività deve contenere almeno un elemento innovativo e concedere a insegnanti e alunni piccoli spazi di sperimentazione e (Udite! Udite!) improvvisazione!
Innovare è trovare ai problemi nuove soluzioni attraverso la sperimentazione e l’improvvisazione, appunto.

L’improvvisazione, però, non si improvvisa. Improvvisare, infatti, è non avere un copione, ma seguire comunque una traccia. E’ lasciare che le cose accadono al di là delle nostre previsioni e delle nostre aspettative. E’ concedere un piccolo spazio all’inatteso e all’incertezza,che è insieme “minaccia ed estasi e il suo azzeramento è l’azzeramento della vita” (come dice Salvatore Vece nel suo saggio “Dell’incertezza. Tre meditazioni filosofiche”).

3. Il risultato atteso non deve essere a discapito del processo

Un’attività didattica o un progetto formativo di qualità non devono forzare il processo a favore di un risultato atteso che si vuol rendere visibile all’esterno.
Questo è un concetto complesso, ma cruciale. Confezionare una restituzione finale da mostrare a un pubblico (parliamo principalmente di genitori e famiglie) può spesso avvenire solo a discapito del processo.

Faccio un semplice esempio.

Poniamo il caso che una Scuola abbia coinvolto delle classi in un progetto sul tema del bullismo e abbia previsto che questo si chiuda con uno spettacolo teatrale sul tema. L’ansia di portare in scena i propri alunni potrebbe mettere gli insegnanti a guida del progetto nella condizione mentale di concentrarsi sugli aspetti di restituzione del lavoro (stesura di un copione, scene, costumi, ecc.) tralasciando tutte le fasi precedenti che a quel risultato dovrebbero portare.

Detto diversamente: il processo non porta al risultato, ma si piega ad esso. Per cui, ad esempio, il copione non è frutto di un lavoro di riflessione e confronto sul tema fatto realmente insieme ai ragazzi che porta poi a una rielaborazione in chiave drammaturgica, ma è stato semplicemente confezionato a tavolino dagli insegnanti (più spesso scaricato da internet). In pratica, non c’è coinvolgimento, innovazione, sperimentazione, ma tutto è calato dall’alto.

Può esserci processo senza restituzione finale, ma non può esserci restituzione finale senza processo. Con questo non voglio dire che le restituzioni pubbliche di un lavoro didattico vadano abolite a prescindere, ma quanto tempo gli insegnanti si impegnano e affannano perché tutto sia “presentabile” sacrificando l’autenticità di ciò che si mostra “a firma” dei ragazzi?

4. Un alto profilo professionale e di specializzazione di chi è a guida dell’attività

E qui veniamo all’ultima caratteristica: competenze ed esperienza del docente o dell’esperto esterno rispetto alla disciplina o al tema, nonché alle metodologie proposte. Tornando all’esempio di sopra, non si può mettere a guida di un laboratorio di teatro o di scrittura creativa l’amatore e un docente volenteroso. A ognuno il suo e che si scelgano i migliori sul campo!

Concludendo…

La qualità può essere garantita solo sulla base di scelte consapevoli. E la consapevolezza sta nel documentarsi, nel valutare con attenzione e coscienza. E anche nel saper dire “No, grazie”, a volte. Perché il tempo e le risorse a nostra disposizione per fare le cose bene non sono illimitate; è quindi nostro dovere utilizzarli solo per ciò che vale davvero la pena fare per i nostri bambini e ragazzi.

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Alessandra Maltempo

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