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Cercare l'azione in ambito didattico ed educativo

A come Azione: una parola-chiave in ambito didattico

A partire da oggi introduciamo all’interno del nostro Magazine una nuova rubrica: “Il metodo Stracuriosi dalla A alla Z”. Settimana dopo settimana, lettera dopo lettera, condivideremo con voi quali sono i principi, i valori, le parole chiave alla base del nostro metodo.

Il metodo stracuriosi dalla A alla Z: ‘A’ come “Azione”

‘Azione’ è una parola-chiave nella pratica teatrale e che vogliamo provare a proporre ad educatori ed insegnanti in alternativa alla parola ‘attività’, tanto utilizzata in ambito scolastico.
Il linguaggio, si sa, influisce anche sul pensiero, per cui dire ‘azione’ anziché ‘attività’ porterà inevitabilmente a un cambiamento di approccio.
Cosa significa, infatti, ‘azione’? E invece, riferendoci esattamente a cosa usiamo la parola ‘attività’?

Azione e Attività: due parole apparentemente sinonimi…

Partiamo da azione, evidenziando gli elementi che questa parola implica e che si rivelano fondamentali in ambito educativo e, più specificatamente, nell’ambito dell’apprendimento.

Innanzitutto,‘azione’, implica la dimensione del ‘fare’, dello ‘sperimentare’. Una dimensione che è autenticamente del fare e dello sperimentare nel momento in cui: 1) mette in conto la possibilità di sbagliare (l’errore quindi come necessario al processo di apprendimento); 2) favorisce la condizione dell’essere attivo principalmente attraverso il corpo, il movimento, i 5 sensi e l’osservazione; 3) ci rende protagonisti (e non semplice spettatori) di ciò che si fa (attore, infatti, non è soltanto chi recita, ma anche chi prende parte attiva e diretta alle vicende vita).
‘Azione’ è quindi una parola molto più efficace e densa di significati rispetto alla parola ‘attività’ che viene usata in ambito scolastico. Attività’ (pur trovando anch’essa la sua radice etimologica nel verbo ‘agire’) indica più genericamente l’esplicazione di un lavoro, l’essere operosi. Ed è proprio con questo significato che viene usata in classe. Quando, ad esempio, un insegnante dice: “Oggi facciamo questa attività…”, di fatto non sempre propone ai suoi alunni di lavorare e imparare in una dimensione laboratoriale, cioè  di sperimentazione. La parola ‘attività’ viene infatti utilizzata praticamente per qualsiasi cosa, anche per ricopiare una poesia alla lavagna, o nel compilare una scheda di verifica, o nel fare un dettato. Ma queste non sono attività che implicano un’azione nel senso che dicevamo sopra, in quanto sostanzialmente lasciano gli alunni in una condizione di passività e di mera esecuzione di compiti.

Michele: il bambino che aveva paura delle attività…

Del significato limitante (e spesso demotivante) della parola ‘attività’ in ambito scolastico, me ne ha dato conferma un bambino di nome Michele, qualche anno fa.
Michele venne da noi accompagnato dal papà per partecipare a una giornata di laboratori e spettacoli all’aperto, nel bel mezzo di una meravigliosa natura. Non ci eravamo mai incontrati prima. Appena arrivato, gli sono andata incontro per accoglierlo. Michele aveva il broncio. “Non voleva venire”, dice il papà. “Come mai?”, chiedo a Michele. E alla mia domanda Michele irrompe in un pianto disperato dicendo: “Perché io ho paura delle attività!!!”. In pratica, era successo che per convincerlo a venire, il papà gli aveva detto: “Vedrai! Farai un sacco di attività!”. Non poteva di certo immaginare che usando quella parola avrebbe ottenuto l’effetto opposto, perché evidentemente le c.d. ‘attività’ per Michele non solo non esercitavano su di lui alcun appeal, ma addirittura lo spaventavano. Michele aveva da poco più di un mese terminato la prima elementare (eravamo a Luglio) e la sua mente aveva già associato a quella parola (tanto usata dai maestri) il significato di un lavoro noioso e terribilmente faticoso. Gli sembrava quindi un’enorme ingiustizia che dovesse trascorrere una giornata delle sue vacanze a fare le tanto temute ‘attività’!
Insomma, la storia di Michele ce la racconta lunga su un certo modo di fare attività con i bambini.

‘Azione’ e ‘Pensiero’: due facce della stessa medaglia.

Ma c’è un altro aspetto interessante della parola ‘azione’ che può esserci molto utile in un’ottica di ribaltamento della didattica tradizionale. ‘Azione’ è una parola spesso usata in contrapposizione a ‘pensiero’. ‘Pensiero’ e ‘Azione’, cioè, non sempre vanno di pari passo, nel senso che l’azione è percepita come l’espressione concreta del pensiero e quindi successiva all’elaborazione di quest’ultimo. Ciò non sempre è vero, ma in alcuni casi (o, meglio, in alcune fasi del processo di apprendimento) tale scissione potrebbe portare ad approcci molto interessanti ed efficaci.
Se infatti per ‘pensiero’ intendiamo attività intellettive come la capacità di astrazione e/o di decodifica di una regola o di un concetto o di una competenza, allora è bene che il pensiero entri in gioco solo DOPO aver agito, cioè solo dopo aver fatto esperienza.
Non solo: se l’apprendimento passa innanzitutto attraverso il corpo e i suoi sensi (intessuti di emozioni), allora a maggior ragione dobbiamo fare in modo che sia il ‘fare’ col corpo (e non il ‘pensare’ con la mente) la guida del processo di scoperta, perché come spesso ci ritroviamo a dire ai nostri allievi-attori “il corpo sa ciò che la testa ancora non sa”.

Concludendo

Un insegnante che favorisce e sviluppa lo spazio e i tempi di azione dei bambini (in altre parole, che mette in campo un apprendimento di tipo quanto più possibile esperienziale e deduttivo) di fatto lascia che PRIMA i suoi alunni facciano, osservino, sbaglino, ri-provino, e solo DOPO li accompagna verso l’elaborazione del pensiero, ovvero la decodifica di ciò che hanno fatto ed esperito attraverso domande come: “Cosa è successo? Cosa abbiamo osservato? e (quindi) cosa abbiamo imparato?”.

 

Alessandra Maltempo

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