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G di Gioco. Una combinazione magica per l’apprendimento

Alla lettera “G” del nostro Metodo Stracuriosi non poteva mancare la parola “Gioco” ma… Perché? Perché, qui all’Accademia degli Stracuriosi, ci teniamo così tanto a utilizzare i giochi in ambito educativo?
Perché rendono un’attività educativa più attraente? Perché aiutano i bambini a svagarsi tra un compito e un altro?

No, non è per questo.

Finché continueremo a considerare il gioco solo un’attività di svago, non riusciremo mai a sfruttare a pieno le sue potenzialità in ambito educativo e non renderemo mai giustizia al suo valore.

Eppure il gioco ha un valore immenso in ambito educativo!

E questo non solo perché aiuta la socializzazione o l’espressione della propria creatività ma anche perché nel momento del gioco l’essere umano si trova nella condizione mentale ideale per apprendere un nuovo concetto o una nuova abilità.
Vi sembra un’affermazione esagerata? Ne siete sicuri?

Un po’ di etologia…

Avete mai riflettuto sul fatto che il periodo di cure parentali (ovvero il tempo che i genitori dedicano alla cura dei cuccioli) è più lungo nei mammiferi rispetto alle altre classi di animali? E che diventa ancor più lungo nei primati? E risulta essere il più lungo in assoluto per l’essere umano?

Sembra quindi esserci una diretta correlazione tra la complessità (e plasticità) del sistema cerebrale e la durata del periodo di cure parentali: tanto più ampio è lo spazio che una specie può dedicare al gioco tanto maggiori sono le sue capacità di flessibilità e adattamento.

E questo perché gli animali con i sistemi nervosi più complessi, in grado di adattarsi all’ambiente, prevedendone i cambiamenti e immaginando nuove possibilità di agire su di esso, acquisiscono tali abilità proprio durante il gioco, quando sono liberi dalle pressioni dei bisogni primari, biologici e fisiologici.
Gli animali con un sistema nervoso in grado solo di rispondere in maniera automatica ai condizionamenti esterni non hanno bisogno di questi preziosi momenti di apprendimento ed esplorazione.

Il gioco: una combinazione magica per l’apprendimento

Che cos’è un gioco?

Per riuscire a capire il valore del gioco proviamo per un momento a riflettere su “che cosa sia un gioco”. In realtà sono tante le definizioni di gioco. Quella del pedagogista Aldo Visalberghi ci torna però particolarmente utile. Secondo lo studioso il gioco si caratterizza per la presenza di quattro elementi. Il gioco è:

  1. Impegnativo: richiede un’attenzione e una presenza totale. Ci avete mai fatto caso? Quanta concentrazione richiede un gioco? E quanto facilmente riusciamo a concentrarci durante un gioco?
  2. Continuativo: il gioco è una presenza costante nella nostra vita.
  3. Progressivo: il gioco si trasforma progressivamente in attività sempre più articolate e complesse. Non ci accontentiamo di rifare lo stesso identico gioco all’infinito, cerchiamo varianti più difficili o avversari più temibili, obiettivi più sfidanti.
  4. Finito in se stesso: Il fine del gioco corrisponde alla fine dell’attività. Mentre giochiamo siamo consapevoli che tale attività non avrà ripercussioni sulla nostra vita, sul nostro futuro e sul soddisfacimento dei nostri bisogni primari.

Questa magica combinazione ci pone nella condizione ideale per apprendere qualcosa di nuovo: siamo concentrati e nello stesso tempo disposti ad accogliere nuove sfide, a fare tentativi che potrebbero anche risultare fallimentari.

Durante il gioco ci sentiamo liberi da schemi operativi prefissati ma, allo stesso tempo, abbiamo un obiettivo chiaro da raggiungere e siamo motivati a farlo. Siamo dunque pronti, pronti per apprendere qualcosa di nuovo, con concentrazione e coraggio, motivazione e leggerezza.

Il passaggio dal ludico al ludiforme.

Come può un insegnante o un educatore sfruttare questo momento magico? A tal proposito Visalberghi suggerisce un graduale passaggio dal ludico al ludiforme.

L’attività ludica è quella che abbiamo descritto precedentemente: il gioco.
L’attività ludiforme è caratterizzata da tutte le caratteristiche precedenti a eccezione dell’ultima: l’attività ludiforme è un’attività spontanea e piacevole, indirizzata però a un risultato esterno, che in questo caso viene definito dall’insegnante / educatore.

Ma attenzione! Il fatto che l’attività ludiforme sia indirizzata a un risultato esterno non deve suggerirvi l’idea che, per esempio, potremmo utilizzare un gioco a quiz per dare un voto ai bambini, o che come compito a casa potremmo assegnare ai bambini dieci partite di un videogioco sulle moltiplicazioni.
Questa modalità di introduzione di giochi all’interno del contesto educativo, che toglie al gioco spontaneità e  libertà, fa perdere senso al gioco e non ne sfrutta a pieno il suo valore.

Il fine esterno definito dall’insegnante / educatore, non deve essere un giudizio, un voto. Provate a non considerare il gioco un’esercitazione divertente. Provate sempre a immaginare che il fine esterno sia l’acquisizione di una nuova abilità o la comprensione di un nuovo concetto, che andrete poi a esplicitare e strutturare in un momento successivo.

Proprio come quando lasciamo i bambini liberi di sperimentare nuovi suoni durante il periodo della lallazione o di manipolare liberamente gli oggetti con i giochi di motricità per la prima infanzia, lasciamo questa possibilità anche ai bambini più grandi.
Diamo loro la possibilità di sperimentare un nuovo concetto o una nuova abilità attraverso un gioco: un gioco sulle lunghezze e le altezze, un gioco sulla composizione di parole, un gioco-esperimento di scienze e solo dopo strutturiamo i concetti e le abilità acquisite in formule, regole di grammatica e nozioni scientifiche.

L’apprendimento viene prima dell’insegnamento

Questo è il senso di una delle citazioni più famose di Visalberghi secondo il quale

L’apprendimento viene prima dell’insegnamento.

In altre parole per capire e assimilare una materia si devono aver già chiari i concetti di fondo e il miglior modo per facilitare l’incontro e la comprensione di tali concetti è proprio attraverso le attività spontanee (i giochi).

Solo dopo possiamo passare all’insegnamento formale, “la lezione”, che risulterà invece molto più utile come stimolo e verifica.

Cosa ne pensate? Proverete a introdurre dei giochi all’interno delle vostre classi per sfruttare “il momento magico” che le attività ludiche possono regalarci?
Se avete bisogno di aiuto e suggerimenti scriveteci, saremo lieti di ricevere i vostri commenti e messaggi.


Questo articolo fa parte della rubrica: “Il metodo Stracuriosi dalla A alla Z”. Settimana dopo settimana, lettera dopo lettera, condivideremo con voi quali sono i principi, i valori, le parole chiave alla base del nostro metodo. Scopri tutte le altre lettere.

Photo by Pavel Danilyuk from Pexels

Cristina Palermo

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