Stracuriosi.it

Genitore e insegnante: due ruoli inevitabilmente osmotici

Da quando sono diventata mamma, oltre che come donna mi sento profondamente cambiata anche come insegnante. Perché un figlio ti osserva, sempre; e annota tutto, in un angolino magico e misterioso del suo cervello. Nessun gesto, anche il più banale, sfugge al suo sguardo scrutatore; nessuna parola sorvola inascoltata sopra i rumori e le voci di fondo; nessuna espressione del tuo volto ai suoi occhi sarà priva di significato; i tuoi pensieri più reconditi per lui sono palesi.
Tutto ciò mi ha portato alla conclusione che i bambini (soprattutto quelli più piccoli) sono dotati di superpoteri! E così anche io, come adulto, ho dovuto rimboccarmi le maniche e ho cominciato a sviluppare un’arma altrettanto super-potente che si chiama ‘ascolto’: cosa sta pensando? Cosa sente in questo momento? Cosa lo ha fatto arrabbiare? Cosa lo rende felice?

Insomma, in altre parole ho cominciato a rendere consapevole ciò che in una relazione facciamo in maniera inconsapevole: il gioco dello specchio ovvero ‘vedere quale immagine di me io vedo riflessa in te’.
Nella relazione madre-figlio, il meccanismo del rispecchiamento gioca un ruolo ancora più determinante. La psicologia ci dice infatti che fin dal primo giorno di vita i bambini costruiscono la propria identità specchiandosi nel ‘primo volto’ ovvero nel volto della madre. “Esplorando questo volto, il bambino fa esperienza del proprio”, ci spiega Recalcati.

L’esperienza di educatrice teatrale prima e di madre poi, mi ha portata inevitabilmente a sperimentare quotidianamente questo meccanismo di osservazione e riconoscimento reciproco su cui si fonda non solo la relazion
e madre-figlio, ma – aggiungo io – anche quella maestro-allievo
.
E così spessissimo mi ritrovo a portare nella mia vita privata di mamma il mio essere pedagoga teatrale (disattivando così atteggiamenti e comportamenti di un sistema educativo antiquato e inefficace e di cui siamo eredi inconsapevoli) e nel lavoro il mio essere anche mamma.

Da mamma a maestra: le mie nuove modalità di approccio

La riflessione sul gioco degli specchi, mi ha così portata a ri-pensare ulteriormente il mio approccio pedagogico e quindi il mio sguardo sui miei allievi, riflessione che ho provato a sintetizzare in queste tre nuove ‘regole’ che cerco di tenere sempre a mente (soprattutto nei momenti difficili!).

1. Portare pazienza

Fino a una decina di anni fa non mi sarei mai definita una persona paziente. Un po’ per indole, un po’ perché da giovani, pazienti non lo si è mai (per definizione). ‘Educare’ però esige necessariamente l’essere pazienti. La pazienza tuttavia non va in questo caso intesa come “sopportazione più o meno rassegnata”, ma come un dono: il dono del tempoDonare il tempo ai propri figli (e ai propri allievi) significa attendere senza esigere, senza domandare, senza anticipare.

2. Avere fede e riconoscere

Questa è una diretta conseguenza del portare pazienza. Si può essere pazienti solo se si ha fede nei confronti dell’altro: “io credo in te”, appunto.
E qui torniamo al concetto dello specchio. Un bambino si vede così come lo vede l’adulto. Mostrarsi arrabbiati, delusi, rassegnati, demotivati rispetto ad un risultato che tarda ad arrivare, farà irrimediabilmente sentire il bambino incapace nel migliore dei casi, inutile e stupida nel peggiore. In una sola parola non amabile. Riconoscere, quindi, trasformando il nostro sguardo da ‘qualcosa da guardare’ in ‘qualcosa attraverso cui guardare’. Ciò significa che il bambino non deve percepire il nostro sguardo in termini di approvazione o disapprovazione, ma come il riflesso, appunto, di ciò che è e che potrebbe ancora diventare.

3. Fuggire da ciò che è “ideale”

Amare ciò che ci assomiglia – che riflette la nostra immagine narcisistica o che corrisponde a un un’ideale di perfezione – è un pericolo spesso dietro l’angolo. Per educare, bisogna però abbandonare il bambino-ideale e amare il bambino-reale nella sua unicità. Il teatro stesso richiede questo a un attore: solo se sarà disposto a mettere in gioco tutto se stesso – nella sua unicità e autenticità, appunto – potrà rendere la sua interpretazione diversa da tutte le altre che lo hanno preceduto e ancora dovranno arrivare.

Insomma, proprio come accade con mio figlio, mi esercito a osservare e leggere me stessa attraverso il volto dei miei allievi: ciò che sento, che desidero, che amo, ma anche ciò che sono incapace di sentire o che temo o che non mi piace, è riflesso nei loro volti. E viceversa, naturalmente.
E così, insieme, maestra e allievi, piano piano imparano a percepire gli altri non come qualcosa di completamente estraneo a se stessi, ma inevitabilmente come una parte di sé.

Se vuoi aprire nuove riflessioni o hai bisogno di idee e suggerimenti più specifici scrivici all’indirizzo email redazione@accademiadeglistracuriosi.it o pubblica un post con l’hashtag #stracuriosi. Il team dell’Accademia degli Stracuriosi è a tuadisposizione per aiutarti a trovare idee creative per rendere più divertente anche ciò che solitamente non lo è.

Alessandra Maltempo

Add comment

Iscriviti alla newsletter

Accademia degli Stracuriosi